Meta chiude i propri servizi in Europa. Anzi no, però servono regole nuove e chiare. Tira un’aria pesante e confusa nel Metaverso. Meta, la nuova sigla che riunisce i brand di proprietà di Mark Zuckerberg e quindi, tra gli altri, Facebook, Instagram e WhatsApp, non ha segnato certo un trimestrale da ricordare, anzi. La settimana scorsa il titolo ha perso il 25 percento in un solo giorno. Tradotto, 200 miliardi di dollari bruciato in poche ore, una delle debacle più pesanti mai registrate a Wall Street. La ragione dietro questo tonfo è semplice: per la prima volta Facebook ha registrato una perdita di utenti.
Come se non bastasse, il colosso americano in queste ore si sta prodigando a smentire le ipotesi che circolano non solo in rete, relative ad una probabile chiusura dei suoi servizi in Europa. Queste voci hanno cominciato a rimbalzare dopo che è stato reso noto un documento che Meta avrebbe inviato alla SEC, Security and Exchange Commission, ovvero l’autorità statunitense che ha il compito di stabilire regole per il mercato. In questo report sarebbe stato possibile leggere che in mancanza di «regole chiare e globali sul flusso dei dati tra UE e USA», la compagnia non avrebbe avuto più modo di «offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi più importanti, compresi Facebook e Instagram, in Europa».
Il cruccio di Zuckerberg quindi è ancora una volta la gestione dei dati, in particolare la facoltà di immagazzinare e conservare sui server americani quelli raccolti sugli utenti europei. Dati molto preziosi soprattutto in ottica campagne promozionali e messaggi pubblicitari, perché consentono di destinare inserzioni mirate ad un target di riferimento specifico. Una questione molto delicata dal momento che la regolamentazione sul trasferimento dei dati oltreoceano è attualmente al vaglio dei legislatori europei, dopo che nel luglio 2020 la corte europea ha rigettato l’accordo Privacy Shield, il cui livello di protezione è stato ritenuto insufficiente.
Da qui, la velata minaccia: se non arrivano garanzia, Meta in Europa chiude. Minaccia che non appare molto credibile a fronte di un bacino di utenza pari a 309 milioni di utenti, che garantiscono ricavi per 8 miliardi di dollari annui, e che ha suscitato reazioni anche piccate. Paul Tang, Presidente della Commissione fiscalità del Parlamento, ha pubblicato un tweet che non le manda certo a dire: «L’Europa non si piega alle tue minacce, signor Zuckerberg. Torna a giocare nel tuo metaverso».
L’azienda ha cercato di correre subito ai ripari e si è affrettata a smentire questi rumors. I portavoce hanno precisato che: «non abbiamo assolutamente alcun desiderio e alcun piano di ritirarci dall’Europa. Le aziende fondamentalmente hanno bisogno di regole chiare e globali per proteggere a lungo termine i flussi di dati tra Stati Uniti ed Ue, e come più di 70 altre aziende in una vasta gamma di settori, mano mano che la situazione si evolve, stiamo monitorando da vicino il potenziale impatto sulle nostre operazioni europee».